Quante volte abbiamo visto al cinema una tempesta, la barca che si rovescia e qualche malcapitato che si ritrova aggrappato a un asse di legno, in mezzo al mare? Spesso, inoltre, alcuni personaggi si ostinano a bere l’acqua di mare, nonostante il pessimo sapore, mettendo a rischio la propria vita.
Ma perché il nostro organismo reagisce così male all’acqua salata?
In un normale regime alimentare assumiamo senza problemi il cloruro di sodio e, anzi, i suoi due componenti (Na e Cl) sono fondamentali per il corpo, eppure, quando si beve acqua di mare, le conseguenze possono essere fatali.
In questo caso, il problema dipende dalla concentrazione: l’acqua marina contiene sale al 3,5%, mentre il nostro organismo tende a mantenere la salinità del sangue – il mezzo che permette la circolazione dei nutrienti – intorno allo 0,9%. Questo equilibrio idrosalino (che riguarda anche elementi come potassio e calcio) deve essere garantito per il corretto funzionamento degli organi. Un semplice modo per smaltire il sale in eccesso è espellerlo con l’urina prodotta dai reni, ma se questo è troppo, il meccanismo si altera.
Tutte le nostre cellule sono rivestite da una membrana chiamata semipermeabile, che funziona come un filtro ed è in grado di lasciar passare alcune molecole e trattenerne altre (vedi figura). Il cloruro di sodio, per esempio, non può attraversarla, a differenza dell’acqua che invece circola liberamente. Questa particolare caratteristica si riflette nella diffusione degli elementi fuori e dentro la cellula, perché in generale due ambienti in comunicazione tendono all’equilibrio: il rapporto tra acqua e sali intra- ed extracellulari si modifica fino a raggiungere la stessa concentrazione. Mentre i sali sono bloccati all’interno della cellula, l’acqua è libera di muoversi dentro e fuori.
Facciamo un esempio pratico: se provate a immergere dell’uva passa in un bicchiere d’acqua, l’uvetta si gonfierà di liquido, aumentando in volume. Lo stesso succede nel nostro corpo: quando l’ambiente extracellulare è povero di sale rispetto a quello intracellulare, la cellula assorbe l’acqua fino ad avere la stessa concentrazione; viceversa, se fuori c’è molto sale, la cellula perde acqua e rinsecchisce. Questo principio si chiama osmosi.
Che cosa succede, allora, quando beviamo l’acqua del mare?
Nel nostro sangue si concentra molto sale che richiama verso di sé l’acqua contenuta nelle cellule e i reni funzionano a pieno regime, per filtrare ed espellere il sale in eccesso. Peccato che la nostra urina, al massimo della sua salinità, non raggiunga mai concentrazioni pari a quella dell’acqua marina e per depurarci del sale e tornare in equilibrio, quindi, siamo costretti a “sprecare” nell’urina più acqua di quanta ne abbiamo ingerita. Per questo si va incontro alla disidratazione: il sangue diventa meno liquido, la bocca è asciutta e compaiono crampi e sete. Per compensare questo meccanismo e garantire che tutti gli organi del corpo ricevano ossigeno, il battito cardiaco aumenta, mentre i vasi sanguigni si restringono. Se non si assumono nuovi liquidi per reidratarsi, e anzi si continua a bere acqua di mare, il corpo non riesce più a reagire e si va incontro a un blocco renale. Possono comparire nausea, debolezza, delirio e, se la disidratazione continua, si rischiano coma e morte. Ma state tranquilli, una bevuta occasionale durante una nuotata capita e non fa alcun male.